Test combinato e translucenza nucale: cosa rivelano davvero

Test combinato e translucenza nucale: cosa rivelano davvero
Test combinato e translucenza nucale: cosa rivelano davvero

Durante la mia seconda gravidanza, ricordo come fossi agitata per il test combinato. Mille dubbi affollavano la mia mente: era davvero necessario? Cosa avrebbe rivelato? Il mio ginecologo mi ha tranquillizzata, spiegandomi che si trattava di un esame non invasivo che avrebbe fornito informazioni preziose sul mio bambino. Oggi voglio condividere con voi tutto ciò che ho imparato su questo test, così importante nel percorso della gravidanza.

Cos’è realmente il test combinato e perché è importante?

Quando ho scoperto di essere incinta per la seconda volta, a 35 anni, sapevo che avrei dovuto affrontare lo screening prenatale con maggiore attenzione rispetto alla prima gravidanza. L’età avanzata (sì, in termini ostetrici i 35 anni ci fanno entrare nella categoria delle “mamme anziane” – ancora rido pensando a questa definizione!) comporta un aumento del rischio di anomalie cromosomiche.

Il test combinato è uno screening prenatale non invasivo che viene effettuato tra l’11ª e la 13ª settimana di gestazione e combina due elementi: un esame ecografico per misurare la translucenza nucale del feto e un prelievo di sangue materno per dosare due specifici ormoni (free β-hCG e PAPP-A). Il risultato finale è una stima statistica del rischio che il bambino possa essere affetto da alcune anomalie cromosomiche, in particolare la sindrome di Down (trisomia 21), la sindrome di Edwards (trisomia 18) e la sindrome di Patau (trisomia 13).

La mia esperienza con la translucenza nucale

Ricordo perfettamente il giorno dell’ecografia per la translucenza nucale. Ero tesa, ma anche emozionata all’idea di vedere il mio bambino. Il medico mi ha spiegato che avrebbe misurato lo spessore della zona posteriore del collo del feto, dove un accumulo di liquido superiore alla norma può essere associato a problemi genetici o malformazioni cardiache.

Durante l’esame, il mio piccolo sembrava non voler collaborare! Continuava a muoversi, rendendo difficile ottenere la misurazione corretta. La dottoressa mi ha fatto cambiare posizione più volte e, dopo quello che è sembrato un’eternità (ma erano passati solo 20 minuti), è riuscita finalmente a ottenere la misura. Il valore normale della translucenza nucale è inferiore a 3 mm, e per fortuna il mio piccolo rientrava perfettamente nei parametri.

Come si svolge il test combinato: quello che nessuno ti dice

Prima di sottopormi al test, avrei voluto che qualcuno mi raccontasse davvero come si svolge, quindi eccomi qui a farlo per voi! Il test combinato si articola in due momenti distinti che possono avvenire anche in giorni diversi (nel mio caso, li ho fatti entrambi lo stesso giorno).

Prima viene effettuato un prelievo di sangue per misurare i livelli di free β-hCG (gonadotropina corionica umana) e PAPP-A (proteina plasmatica A associata alla gravidanza). Questi valori possono variare in presenza di anomalie cromosomiche. Non preoccupatevi, è un normale prelievo venoso, niente di diverso da quelli che avete già fatto mille volte durante la gravidanza!

Poi c’è l’ecografia per la translucenza nucale. A differenza delle altre ecografie, questa richiede una preparazione specifica da parte del medico che la esegue. Non tutti i ginecologi sono certificati per questo esame, quindi potreste dover andare da uno specialista diverso dal vostro medico abituale. Durante l’ecografia, oltre alla translucenza nucale, vengono valutati anche altri parametri come la lunghezza cranio-caudale del feto (che serve per datare con precisione la gravidanza) e la presenza dell’osso nasale.

I fattori che influenzano il risultato del test

Nessuno mi aveva spiegato chiaramente che il risultato del test combinato dipende da diversi fattori personali, non solo dai valori misurati. L’algoritmo che calcola il rischio tiene conto di:

  • Età materna (ecco perché noi “mamme anziane” siamo considerate a maggior rischio)
  • Peso corporeo
  • Eventuale diabete
  • Fumo di sigaretta
  • Gravidanza ottenuta con fecondazione assistita
  • Eventuali precedenti gravidanze con anomalie cromosomiche

Durante la compilazione del modulo pre-esame, mi sono sentita un po’ in imbarazzo quando ho dovuto ammettere che sì, occasionalmente fumavo prima della gravidanza. La dottoressa mi ha guardata con un sopracciglio alzato, ma poi mi ha rassicurata dicendomi che l’importante era essere onesti per ottenere un risultato più accurato.

Come interpretare correttamente i risultati

Ecco la parte che genera più ansia: l’attesa e l’interpretazione dei risultati. Quando ho ricevuto il mio referto, inizialmente non ci ho capito nulla! C’erano numeri, percentuali, e termini tecnici che sembravano scritti in una lingua aliena. Il mio consiglio è di non interpretare i risultati da sole, ma di farvi guidare dal vostro medico.

In generale, il test combinato fornisce un risultato in termini di probabilità. Per esempio, un risultato di 1:350 significa che c’è una possibilità su 350 che il feto sia affetto dalla sindrome di Down. Convenzionalmente, si considera a basso rischio un risultato superiore a 1:250, mentre un risultato inferiore (come 1:100) è considerato ad alto rischio.

Quando il test dà un risultato “ad alto rischio”

Una mia cara amica ha ricevuto un risultato “ad alto rischio” durante la sua gravidanza e ricordo il panico che l’ha assalita. È importante capire che un risultato ad alto rischio non significa che il bambino abbia sicuramente un’anomalia, ma solo che esiste una probabilità più elevata rispetto alla media.

In questi casi, il medico suggerirà di procedere con test diagnostici più precisi, come l’amniocentesi o la villocentesi, che possono confermare o escludere con certezza la presenza di anomalie cromosomiche. Nel caso della mia amica, ha scelto di fare l’amniocentesi e fortunatamente il risultato ha escluso qualsiasi problema. Il suo bambino è nato perfettamente sano, nonostante quel test combinato avesse generato tanta preoccupazione!

Falsi positivi e falsi negativi: quanto è affidabile questo test?

Una cosa che ho imparato è che il test combinato non è infallibile. Ha un tasso di rilevamento (detection rate) della sindrome di Down di circa il 90%, il che significa che individua correttamente circa il 90% dei feti affetti. Tuttavia, ciò implica anche che circa il 10% dei casi potrebbe non essere rilevato (falsi negativi).

D’altra parte, circa il 5% delle donne riceve un risultato ad alto rischio quando in realtà il bambino è perfettamente sano (falsi positivi). Ricordo che durante il corso preparto, ben due mamme su dodici avevano ricevuto un falso positivo, creando loro settimane di ansia prima che l’amniocentesi escludesse problemi.

  • Non fatevi prendere dal panico se ricevete un risultato ad alto rischio
  • Ricordate che nella maggior parte dei casi, anche con un risultato “positivo”, il bambino nasce sano
  • Considerate con attenzione i pro e i contro dei test diagnostici invasivi prima di decidere
  • Parlatene sempre con il partner e con il medico di fiducia

Alternative al test combinato: le nuove frontiere dello screening prenatale

Quando ho fatto il test combinato nel 2018, il NIPT (Non-Invasive Prenatal Test) o test del DNA fetale su sangue materno stava diventando sempre più diffuso, ma era ancora molto costoso e non coperto dal sistema sanitario nazionale. Oggi, molte donne scelgono direttamente questa opzione, che è più accurata del test combinato.

Il NIPT analizza frammenti di DNA fetale presenti nel sangue materno e ha un tasso di rilevamento della sindrome di Down superiore al 99%, con meno dell’1% di falsi positivi. Se potessi tornare indietro, probabilmente sceglierei il NIPT, nonostante il costo più elevato, per la maggiore precisione e la minore ansia.

Tuttavia, è importante sottolineare che l’ecografia della translucenza nucale rimane fondamentale anche se si opta per il NIPT, perché permette di identificare altre anomalie strutturali che il test del DNA non può rilevare, come alcuni difetti cardiaci o altre malformazioni.

Le mie riflessioni personali: affrontare l’ansia dello screening prenatale

Guardando indietro alla mia esperienza, mi rendo conto che lo screening prenatale è stato uno dei momenti più ansiogeni della gravidanza. L’attesa dei risultati, il timore di scoprire qualcosa che non va, il dover prendere decisioni difficili… tutto questo può trasformare quello che dovrebbe essere un periodo felice in un percorso pieno di preoccupazioni.

Quello che ho imparato è di circondarmi di persone positive ma realistiche. Evitate come la peste chi vi racconta solo storie negative o chi minimizza le vostre preoccupazioni con un “vedrai che andrà tutto bene” senza ascoltarvi davvero. Trovate un medico che sappia spiegarvi le cose con chiarezza, senza allarmismi inutili ma anche senza banalizzazioni.

E ricordate che questi test sono strumenti preziosi che ci permettono di prepararci, di fare scelte consapevoli, di accogliere al meglio il nostro bambino qualunque sia la sua condizione. La conoscenza è potere, anche se a volte fa paura. E alla fine, qualunque sia il risultato, scoprirete dentro di voi una forza che non sapevate di avere.

Oggi guardo il mio bambino che corre per casa a tre anni, e penso a tutta l’ansia che ho provato per quel test. E sorrido. Perché nella vita di una mamma, le preoccupazioni non finiscono mai, cambiano solo forma. Ma l’amore che proviamo ci dà sempre la forza di affrontarle, una alla volta.